Amore e Psiche
- Arianna Manto
- 19 feb 2018
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 14 mar 2018
San Valentino è appena passato e io non vi ho ancora raccontato una romantica storia strappa lacrime. Dobbiamo subito rimediare. Questa volta voglio raccontarvi una favola, tenete pronti i fazzolettini e lasciatevi trasportare da quest’atmosfera fantastica.

In un regno lontano vivevano un re e una regina che avevano tre bellissime figlie; le due sorelle maggiori erano davvero belle, ma di una bellezza disarmante era l’ultimogenita: Psiche.
Per capirci, le prime due avrebbero potuto partecipare al concorso di Miss Italia senza problemi, ma Psiche l’avrebbero eletta miss Universo in men che non si dica, non c’era competizione. Ma la bellezza è un po’ un’arma a doppio taglio, in pochissimo tempo nell’intera Grecia si diffuse la voce che Psiche fosse anche più bella di Afrodite stessa o che fosse proprio lei la nuova vergine nata dalle acque. Così, pellegrini da ogni dove cominciarono ad adorare la povera Psiche come se fosse davvero una dea e a trascurare sempre più il culto di Afrodite. Pensate un po’, dopo aver appreso la notizia come dev’essersi infuriata la dea dell’amore:
“Com’è? Com’è sta storia? Cu fussi sta bellissima ca m’assimiglia o addirittura è chiù bedda di mia? Cupido, a mammina, veni subitu cca, ca ora ci la cuminu iu a sta fantastica!”[1]
[1] “Cosa? Ditemi un po’, chi è questa bellissima che mi somiglia o addirittura è più bella di me? Cupido, figliolo, vieni subito qui che le faccio vedere io di cosa sono capace!”
Intanto, le due sorelle, seppur meno belle, avevano sposato due principi ed avuto nozze felici, solo la povera Psiche, nonostante la sua divina bellezza, non riusciva a trovare un uomo che la amasse per quello che era e non la venerasse, così che finì per odiare quella bellezza che la condannava alla solitudine. Ma Afrodite stava già tramando qualcosa, chiamato in causa il figlio Cupido gli fece una richiesta:
“Cupido, gioia di lu me cori, na cortesia m’ha fari tu: lancia na freccia e a chissa Psiche falla innamorare di lu chiù racchiu di tutta la Grecia!”[2]
[2] “Cupido, gioia mia, devi farmi una sola cortesia: lancia una freccia e fa in modo che Psiche si innamori dell’uomo più brutto di tutta la Grecia”
La furia di Afrodite si era scatenata e doveva essere compito del dispettoso Cupido vendicare l’orgoglio ferito della madre. I genitori di Psiche, però, non si davano pace, una fanciulla così bella e nessun uomo che la chiedesse in moglie, com’era possibile? Ormai lo avrete imparato, chi poteva essere in grado di dare risposte a tutte le loro domande? Ovviamente, l’oracolo di Delfi. Sono sicura che avete imparato anche un’altra cosa fondamentale: gli oracoli non sono mai chiari e se porgli una domanda era davvero semplice, un po’ meno lo era trovare una risposta che mettesse a tacere ogni dubbio. Così l’oracolo si pronunciò: il matrimonio della povera Psiche sarebbe stato quasi una sorta di funerale, il padre avrebbe dovuto esporla su una rupe vestita a nozze, ma lo sposo non sarebbe stato umano.
La sciagurata sarebbe andata in sposa ad un terribile drago alato temuto da Giove stesso. Così, le sorti della bella Psiche sembrarono irreversibili e il padre non poté far altro che seguire le indicazioni dell’oracolo: Psiche fu vestita a nozze e un corteo funebre la accompagnò sulla rupe più alta dove fu abbandonata. Tutti pensarono il peggio, un destino crudele quello che si era beffato della bellissima Psiche. Ma una volta accasciatasi sulla rupe, Psiche fu sollevata da un dolcissimo vento, Zefiro, che dalla rupe la adagiò su un morbido prato verde pieno di rugiada e lì la vergine dormì sonni tranquilli. Al suo risveglio, nulla fu come aveva immaginato; aprì gli occhi e di fronte a sé vide una reggia sontuosissima, tutta d’oro e brillanti, da far invidia al re Mida stesso. Si sa, la curiosità è donna e Psiche non poté far a meno di avvicinarsi ed entrare nel palazzo. Una volta entrata, Psiche non riuscì a credere ai propri occhi: era tutto un carnevale di ori e gioielli preziosi, gemme da ogni dove e lusso, lusso sfrenato che "Regina Elisabetta spostati proprio". Ma la cosa più straordinaria fu una: dal silenzio dell’enorme reggia risuonarono voci soavi che a tratti spaventarono e stupirono la nostra donzella.
“Salve signorina Psiche come posso aiutarla?”
Un po’ come gli operatori della Tim quando chiami il servizio clienti e ti sembra di parlare con il genio della lampada.
“Siamo le sue ancelle, prego, si accomodi, stia con noi, qui con noi, si rilassi d’ora in poi, metta al collo il tovagliolo poi faremo tutto noi!”
Sì, io la scena la immagino un po’ come la cena de La Bella e la Bestia, nella quale viene intavolato un pranzo di Natale terronissimo, ma seduta al tavolo c’è solo la povera Belle. Insomma, scoperta delle scoperte, le ancelle invisibili annunciarono a Psiche che quella era la casa del suo sposo e che d’ora in poi sarebbe stata la sua dimora, niente male per essere la casa di un mostro!
Appanzatissima[3] dal pranzo di Natale, Psiche cadde nel sonno più profondo.
[3] “con la pancia piena”
Durante la notte una voce dolcissima la svegliò e tra la riluttanza e la paura, Psiche si lasciò sedurre dagli abbracci e le carezze del suo sposo misterioso. La vita trascorse leggera e piacevole per la dolce Psiche non aveva di che lamentarsi, se non del fatto che l’intera sua famiglia la credesse morta. Lo sposo invisibile non le aveva raccomandato altro: nessuno doveva sapere della sua vita, nessuno doveva fare troppe domande sullo sposo, altrimenti tutta la magia sarebbe svanita. Ma con una serie di moine che solo a noi donne sono concesse, Psiche riuscì a convincere il marito a poter ospitare almeno per un giorno le sorelle, per far sì che non si dolessero più della sua triste sorte. Così, un bel giorno, le simpaticissime sorelle di Psiche furono cullate da Zefiro fino alle pendici della reggia e lì accolte dalla sorella. Alla gioia iniziale seguì un’invidia perfida e snaturata:
“Talè che bedda chista, mischina mischina e la mischina fa la signora! E iu lavu e stricu pi dru porcu di me maritu!”[4]
[4] “Ma guarda un po’, tutti e darle della poveretta e la poveretta fa una vita da signora. Solo io lavo e strofino i panni per quel porco di mio marito!”
Le sorelle non credevano ai loro occhi e in tutti i modi cercarono di estorcere a Psiche notizie sul suo sposo, ma la ragazza non si fece corrompere; coperte le sorelle di tesori, le rispedì a casa, pensando che avrebbero condiviso la gioia con i genitori tanto afflitti. L’invia prevalse sull’amore fraterno e tornate a casa le due cominciarono a confabulare:
“ma vidisti che aria di sufficienza? Uuuh che atteggiamenti da signorona, cu quattru gioielli ni pagà e ni jittà fora!”[5]
[5] “ma hai visto con che aria di sufficienza ci ha trattate? Che atteggiamenti da gran signora! Con quattro gioielli ha pensato di averci pagate e ci ha buttate fuori di casa”
e l’altra sorella:
“ragiuni ha la soru! Sirvuta e riviruta, centu chi la servinu e centu chi l’alliscianu! E poi, tutta intenta a vantare le bellezze di suo marito, e io? A mia mi tuccà un maritu vecchiu e chiù tignusu di na cucuzza![6] No no, di sicuro stu marito sarà un dio. Cara mia, se non abbiamo avuto noi questa gran fortuna, nemmeno lei, dobbiamo convincerla che sia un mostro!”
[6] “Hai ragione, cara sorella! Servita e riverita, ha cento persone a sua disposizione che la servono e la coccolano! E poi tutta intenta a vantare le bellezze di suo marito e a me è capitato un marito vecchio e più pelato di una zucca!”
Intanto Psiche viveva ancora nella bambagia, ma durante la notte il marito continuava a metterla in guardia dalle sorelle: vipere assetate di vendetta e accecate dall’invidia. Soprattutto, la bella Psiche avrebbe dovuto guardarsi le spalle ancora di più perché era già in dolce attesa.
Passati i giorni, le sorelle tornarono a trovarla e si stupirono ancora di più nel vedere il suo ventre gonfio.
“Oh, cara sorella, vedo che sei già in dolce attesa, non vorremmo mai turbare il tuo animo, ma abbiamo notizie nefaste! Vidi chissu to maritu? Ntisimu diri ca è na bestia feroce, ti darà il tempo di partorire e poi si mangia a tia e a to figliu vidè, ma si tu dici ca è tuttu a postu, non c’è motivo di preoccuparsi, o no?”[7]
[7] “Vedi, abbiamo sentito dire di tuo marito che è una bestia feroce, ti darà il tempo di partorire e poi divorerà te e tuo figlio, ma se tu dici che va tutto bene, non c’è motivo di preoccuparsi, o no?”
La povera Psiche, ingenua com’era, ci cascò in pieno e confessò che non aveva mai visto il marito, che anzi, vigeva il divieto più assoluto di vedere il suo aspetto, quindi avrebbe potuto essere qualsiasi cosa. Le sorelle, allora, si approfittarono della situazione e riuscirono a convincere Psiche ad organizzare un omicidio: nella notte, aiutata dalla luce di una lucerna, avrebbe dovuto scoprire il vero volto del marito e poi ucciderlo con un rasoio affilato, per il suo bene e per quello del bambino. Le malvagie sorelle, uscirono dalla reggia soddisfatte, di lì a poco Psiche si sarebbe rovinata con le sue mani. Nel racconto di Apuleio qui comincia una parte struggentissima che ho sempre adorato, per questo non mi azzardo a profanarla; vi basti sapere che Psiche passò ore in preda al tormento, che fosse un mostro o un dio, lei quel marito aveva imparato ad amarlo e sarebbe stato un dolore grandissimo ucciderlo, ma avrebbe dovuto farlo, se non per lei, almeno per la nuova vita che portava in grembo.
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