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Cassandra

  • Immagine del redattore: Arianna Manto
    Arianna Manto
  • 5 feb 2018
  • Tempo di lettura: 5 min

Aggiornamento: 14 mar 2018

Qualche giorno fa vi ho chiesto se preferivate che vi parlassi di un uomo o di una donna, con mia estrema sorpresa avete scelto in maggioranza una donna; così dopo giorni e giorni di arrovellamento mi è venuta in mente lei: Cassandra. Chi è? Di lei avrete sentito parlare e di certo non per la sua fortuna.



Cassandra, anche lei di sangue blu, era la figlia di Priamo ed Ecuba, sovrani di Troia, sorella di quel Paride che per una donna fece scontrare Achei e Troiani per dieci lunghi anni. Ma cos’ha di speciale questa donna e perché oggi voglio parlarvi di lei? Di Cassandra si dice che fosse una donna bellissima, ma con un dono tanto straordinario quanto triste: la chiaroveggenza.

Ebbene sì, la nostra Cassandra era una profetessa e sull’origine del suo dono sono state raccontate più e più storie, io ve le racconterò entrambe, sceglierete voi a quale credere. Dovete sapere che Paride non era l’unico fratello di Cassandra, ma che Ecuba aveva avuto ben nove figli. Immaginate quanto fosse difficile la gestione di nove pargoli in giro per Troia, nonostante la regina avesse baby sitter, dog sitter, cuoche e quant’altro. Si racconta che una volta per celebrare il compleanno del padre Priamo fu organizzata una festa degna della notte degli Oscar all’interno del tempio di Apollo: balli, canti, giochi, vino a volontà e… Ecuba si mbriacà.[1]

[1] “Ecuba si ubriacò”


Così, durante la notte brava a Troia, la regina dimentica i figli all’interno del tempio. Il mattino seguente con un post sbornia da fare invidia, dopo aver ripreso il controllo della situazione, Ecuba si accorge dell’assenza dei figli:

"Oh! E li me figli unni su? Eleno, Cassandra?? Bonu cu stu nascondino di primu matinu, veloce, uscite fuori![2]"

[2] “Oh! Dove sono i miei figli? Eleno, Cassandra? Basta giocare a nascondino così presto al mattino, uscite fuori!”


Cerca e cerca, ma dei bambini non c’era traccia. Colpo di genio: il santuario, ecco dove potevano essere. Via di corsa, Ecuba scende dal letto, infila una vestaglia al volo ed esce di casa un po’ come quando i miei mi accompagnavano a scuola in pigiama il sabato mattina. Arrivata al tempio di Apollo trova i due pargoletti: una scena raccapricciante!I due serpenti sacri al dio stavano simpaticamente abbracciando i bambini e leccando le loro orecchie. Si dice che da quel tocco i due gemelli ereditarono l’arte mantica.  

Questa è la prima versione, un po’ horror un po’ noir. La seconda, invece, chiama in causa il dio stesso: Apollo. Il nostro bell’imbusto, infatti, si era innamorato di Cassandra, sua profetessa, e per questo le aveva fatto il dono della divinazione, ma il caro Apollo diciamo che un facia canciu senza iunta[3] ed in cambio avrebbe voluto il suo amore; ma Cassandra, che a quanto pare il rifiuto lo portava già nel nome (Cassandra significa probabilmente "colei che respinge l'uomo"), non le manda a dire ad Apollo, sebbene fosse un dio, e gli nega il suo amore.

[3] “non faceva niente per niente”


Ovviamente, stiamo parlando di un dio, se un uomo ferito nell’orgoglio può essere davvero superbo, quanto può esserlo un dio? Tanto, così tanto da punire Cassandra con una terribile maledizione: nessuno avrebbe mai creduto alle sue profezie. Così cominciarono le sciagure di Cassandra. Era ancora una bambina quando profetizzò che l’ultimo nato della madre, il famoso Paride, avrebbe portato alla rovina la sua famiglia e l’intera città di Troia. Ma chi avrebbe mai potuto credere ad una bambina che era considerata anche un po’ svitata? Si sa che spesso i bambini sono la bocca della verità, ma la verità non è sempre ciò che si vuol sentire e si fa prima a celarla sotto false bugie che ad accettarla. Così Ecuba stessa, quando qualcuno le chiedeva della profezia della bambina, rispondeva:

"A nenti! È gilusa, quant’avi chi nascì Paride un ci po’ paci![4]"

[4] “Niente di che! È soltanto gelosa, da quando è nato Paride non si dà pace!”


Ma sfortunatamente per i sovrani di Troia, anche Esaco, noto per l’interpretazione dei sogni, confermò la profezia di Cassandra. Così, il piccolo Paride fu esposto sul monte Ida, sperando che la morte del bambino mettesse a tacere la profezia; ma non fu così, Paride fu trovato da una famiglia di pastori che lo crebbe come fosse loro. Il pericolo Paride, predetto da Cassandra, sembrava fosse stato scampato, eppure, il destino gioca sempre brutti scherzi e una volta cresciuto, il giovane Paride torna a Troia, scelto dagli dei, per decidere quale delle dee fosse la più bella. Durante i giochi, Priamo riconosce il figlio che credeva morto e immediatamente viene riammesso a corte. Con l’arrivo del fratello, Cassandra ricomincia a prevedere sciagure su sciagure e ancora una volta i commenti dei familiari:

"Mai l’ha pututu vidiri a stu frati! Attacca’ arrè a diri fissarii! A bonu Cassà, un t’ha siddiatu?[5]"

[5] “non ha mai avuto in simpatia il fratello e adesso ha ricominciato a dire fesserie! Basta Cassandra, non sei stanca di dire queste cose?”


Così, ritrovato il figliol prodigo, il padre Priamo decide di mandarlo in missione diplomatica a Sparta ed è lì che avrebbero dovuto ripensare alle parole di Cassandra, quantu dannu[6]!

[6] “Quante sciagure”

Sappiate che anche Paride non mi sta molto a cuore, perché scaltro scaltro non era. Cassandra lo aveva detto:

"Chistu me frati Paride, chiossà lu dannu, ca lu guadagnu! Poi lu vedrete appena porta nintra a qualchi strodda spartana chi succedi![7]"

[7] “Mio fratello Paride ci porterà più danno che guadagno, vedrete quando porterà in casa qualche donnaccia spartana!”


Ma chi la ascoltava? Cassandra era pazza, visionaria. Arrivato a Sparta tutto ingellato e pettinato, Paride pensa bene di far la corte alla moglie del re: la famosissima Elena, che di Troia non era, ma era di Sparta. Uno sguardo oggi, una carezza domani, l’unica missione che il bel Paride riesce a portare a termine è quella di fuggire con la regina di Sparta. Apriti cielo!   Il resto del racconto credo vi sia più o meno noto, dieci anni di lotte e sanguinose battaglie, il tutto per un capriccio del principino. Secondo me, dopo un paio d’anni di guerra, avrebbero dovuto rendersi conto che Cassandra non era proprio la scema del villaggio, ma ahimè, non fu così. Giunti al round finale, quando il campo Acheo fu sgombrato e il famoso cavallo di Troia fu ritrovato fuori dalle porte della città, ancora una volta la povera Cassandra ci provò a mettere tutti in guardia:

"Ma dicu iu! Veru diciti? Ma si po’ cridiri mai ca dopu dieci anni chisti scapparu e ni lassaru stu cavaddu pi mustra? Datici focu! È una trappola![8]" 

[8] “Ma dico io, davvero si può credere che questi tizi dopo dieci anni di guerra siano andati via e abbiano lasciato questo cavallo, così, per metterlo in mostra? È una trappola!”


D’altronde, come si fa a credere alle parole di una visionaria? nel gran consiglio di Troia c’erano menti eccelse e si sa che la fortuna aiuta gli audaci, gli dei parteggiano sempre per i migliori e in questo i troiani non avevano dubbi: erano stati i migliori. Insomma, una volta entrato il cavallo sapete già come andò; un’intera città in fiamme, famiglie sterminate, morte, dolori e sofferenze, tutto ciò che Cassandra aveva predetto. I membri della famiglia reale si rifugiarono nei templi, sperando così di essere risparmiati, ma la guerra non risparmia niente e nessuno. Di Cassandra posso dirvi che fu fatta schiava da Agamennone che la portò a Micene con lui.  Se vorrete, vi racconterò prossimamente l’epilogo di questa storia. Io da lei ho imparato tanto. Spesso la verità si rivela chiara davanti ai nostri occhi, ma accettarla non è mai cosa semplice, preferiamo costruirci un castello dorato su fondamenta di bugie, soprattutto quando sono gli altri a spiattellarcela in faccia. A ciascuno di voi sarà capitato di dire “Ah, se avessi dato retta a tizio, se non avessi fatto questo…”, se dovesse ricapitarvi, pensate anche solo per un attimo a Cassandra, magari funziona.

 
 
 

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