Tucidide e la peste di Atene
- Arianna Manto
- 21 mar 2020
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 26 mar 2020
Sebbene io sia una chiacchierona, in questi giorni, come vi ho già detto, non sono stata particolarmente loquace. I miei racconti, di solito, sono narrati con ironia, mi piace giocare con i personaggi, con il dialetto, con le disgrazie che caratterizzano le tragedie, ma questa volta, non riesco a fare ironia. Avevo promesso che vi avrei parlato di Falaride, di come, una volta giunto al potere, ricoprì il proprio ruolo, ma ho cambiato idea. Non è passato molto tempo da quando ho letto 'La guerra del Peloponneso' di Tucidide, l'avevo studiata per un esame e non mi ero soffermata troppo sull'attualità di alcuni argomenti. Perciò, dopo aver ripreso in mano il testo, l'ho riletto e anche se non dovrei più, perchè conosco il potere dei classici, mi sono meravigliata di quanto le parole di questo abile storico risultino così presenti, così universalmente valide. Poichè si parla tanto di didattica a distanza, il mio approccio di oggi sarà un po' da maestrina, e spero mi perdonerete per questo, ma voglio condividere con voi un estratto e dirvi la mia. Cominciamo.

TUCIDIDE II, 47.
[...] "Si trovavano in Attica da non molti giorni, quando prese a serpeggiare in Atene l’epidemia: anche in precedenti circostanze s’era diffusa la voce, ora qui ora là, che l’epidemia fosse esplosa, a Lemno, per esempio, e in altre località. Ma nessuna tradizione serba memoria, in nessun luogo, di un così selvaggio male e di una messe tanto ampia di morti. I medici nulla potevano, per fronteggiare questo morbo ignoto, che tentavano di curare per la prima volta. Ne erano anzi le vittime più frequenti, poiché con maggiore facilità si trovavano esposti ai contatti con i malati. Ogni altra scienza o arte umana non poteva lottare contro il contagio. Le suppliche rivolte agli altari, il ricorso agli oracoli e ad altri simili rimedi riuscirono completamente inefficaci: desistettero infine da ogni tentativo e giacquero, soverchiati dal male."
"Nessuna tradizione serba memoria"! Questa è la prima frase che mi salta all'occhio. Da quando è cominciata l'emergenza Covid 19, lo sento continuamente ripetere a mia nonna, ovviamente non in questi termini, mia nonna dice che "na disgrazia di chissa, l'occhi so nun l'avianu vistu mai", ma questo perchè l'essere umano ha la tendenza a dimenticare le disgrazie. Abbiamo passato così tanti momenti felici come comunità, che ci siamo dimenticati di quando i nostri nonni scappavano dalla fame e dalla guerra, persino loro lo hanno dimenticato. "I medici nulla potevano, per fronteggiare questo morbo ignoto, che tentavano di curare per la prima volta". Per fortuna, il nostro sistema sanitario non è quello dell'Atene del V a.C. , i nostri scienziati stanno lottando con le unghie e con i identi per trovare un vaccino, per guarire i malati e una soluzione ce l'hanno anche fornita: RESTATE A CASA. Un ammonimento apparentemente semplice, banale oserei direi, eppure, così difficile da rispettare per la maggior parte della popolazione. Non voglio sembrarvi sciocca, in prima persona so che rimanere a casa comporta qualche sacrificio, ognuno nel proprio piccolo è costretto a rinunciare a qualcosa che agli occhi altrui potrebbe apparire insignificante, ma in questo momento è necessario. Chi mi conosce sa che circa un mese fa mi sono laureata, fortunatamente, prima che il contagio dilagasse, e ho avuto il gran privilegio di poter gioire con amici e parenti al mio fianco, ma mancava una parte importante della mia famiglia: i miei nonni. Sono tornata a casa, in Sicilia, perchè questi erano già i miei piani, ma una volta giunta a casa, mi sono privata di condividere questo successo proprio con i miei nonni, quegli anziani che risultano così gravemente colpiti dal Covid 19. Da quindici giorni e anche più sconto la mia "pena". Mi sono privata di vedere l'orgoglio nei loro occhi lucidi, dei loro abbracci e delle loro carezze, perchè ritengo che sia doveroso e che sia il più grande atto d'amore che io possa fare nei loro confronti. Non vi sto raccontando tutto questo per strapparvi una lacrima o perchè qualcuno possa dire "povera ragazza!", lo sto facendo perchè spero che la mia esperienza personale possa avvicinarci tutti e sensibilizzarci. "Niente di nuovo sotto il sole", si legge anche nella Bibbia, sembra che sia davvero così. Insomma, non voglio tediarvi oltre, ho solo voluto condividere con voi l'attualità di questo testo. Ho sempre creduto fermamente nella forza delle parole e mi auguro che le mie possano essere di conforto, di compagnia o che possano invitarci al senso di responsabilità comune che questo periodo storico merita. Inoltre vorrei rincuorarvi, dicendo che Tucidide, comunque,sopravvisse alla peste di Atene e per fortuna così è riuscito a raccontarcela.
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